الجمعة، 26 سبتمبر 2008

Il sogno e la favola

Il sogno e la favola
Mona Prince
Trad. Marianna Massa

Il primo giorno Apollo avvera la condizione che spingerà Ayn a andare a Siwa.
Quando scorge segni di irritazione sul suo volto la penetra col suo organo. Ayn non si aspetta che un coreano così alto possa avere un organo così piccolo, più piccolo di un suo dito.
Li lascia entrambi a giocare col proprio corpo senza provare quell’eccitamento che spesso aveva immaginato.
“Basta”. Li scosta entrambi con i piedi. Sollevano la testa cercando una spiegazione.
“Il gioco è finito”. Ayn si alza.
I due uomini si guardano e scoppiano a ridere ripetendo la sentenza di Ayn. Lei ride con loro.

Il secondo giorno Apollo sfiderà il genio. Metterà un sasso sulla strada perché ci passino sopra le ruote sinistre della macchina a velocità estrema. Il genio potrà ammazzarlo o diventare suo schiavo. Ayn si farà trascinare dagli strani desideri di Apollo, lasciandosi condurre dietro la zona oscura dentro di lei, dietro il suo demone.
Il saggio coreano invece rifiuterà di prendere parte all’impresa, restando come un assistente arbitro in una partita di calcio.

Apollo al posto di guida si lancia in una febbricitante ricerca di risposte ipotetiche a domande universali. Ayn accanto a lui sfida l’oscurità col suo cuore.
Apollo vince la scommessa e la macchina non si ribalta.
Nel piccolo albergo dove pernottano, Ayn chiede ad Apollo se vuole che entri. Scuote la testa in segno di dissenso. “Preferisco morire a modo mio” risponde e poi le chiede se vuole che entri in lei. Lei dice di sì. Così fa, ma non arriva al punto in cui le fa male e non riesce a liberare quella parte di sé che Ayn è abituata ad accogliere.

Il terzo giorno Hayun sta in piedi sul ciglio della strada esitando a salire in macchina, Ayn guarda intensamente Apollo negli occhi. “Allora non vuoi sbarazzarti del dolore una volta per tutte?” dice lui guardandola negli occhi con la stessa intensità. Non aspetta la risposta e sfreccia per l’ultima volta a estrema velocità.

Ayn osserverà le luci della macchina sballottate nell’oscurità. Ascolterà le proprie grida frapporsi a un unico grido che irromperà nel rumore metallico della macchina. “Ah!” quando andrà a sbattere, “Diid” sull’asfalto “Ait” una volta, “Maaiiii” due volte, “uaiiii” tre volte…
Lei e Hayun scapperanno via di corsa a estrema velocità. Ayn sentirà il cuore batterle all’impazzata tra le costole. Arriveranno laddove si sarà ribaltata la macchina l’ultima volta prima di raddrizzarsi e prima che la voce di Frank Sinatra si sia messa a tacere.

Gli sportelli sono aperti e Apollo è accasciato con la faccia sul volante.

Ayn gli solleva la testa e scoppia a ridere. Apollo mostra la lingua lunga al genio e negli occhi aperti gli si legge la certezza della vittoria. Non ha perso denti. Non ha un graffio, né una goccia di sangue. Ayn si rende conto che la sua risata si sta trasformando in pianto solo quando Hayun la tira fuori dalla macchina. Ma lei torna indietro e prende con al sua bocca la lingua di Apollo, poi dice la parola che con tanta insistenza Apollo voleva sentirle dire. Ora che era morto, la dice liberamente: “Ti amo Apollo”.
“Cosa facciamo adesso? Avvertiamo la polizia o lo seppelliamo qui?” chiede Hayun a Ayn.
“Apollo voleva essere cremato” dice Ayn ricordando un vecchio desiderio di Apollo: che le sue ceneri venissero sparse nel Mar Rosso a Dahab.
“Ma ha scelto di morire qui. Non credi?”. Ayn ci pensa un po’ su poi, ricordando l’ultima frase che le aveva detto, risponde “Sì. Credo che volesse morire qui”. Voleva che Ayn restasse con lui? O era Ayn che voleva andare con lui. Sospira profondamente mentre dice “Scaviamo la sua fossa qui, almeno non sarà solo ma sarà con gli altri morti di questa montagna”.
Iniziano a scavare con le mani. Poi si dirigono alla macchina e cercano qualcosa per aiutarsi. Staccano la lamiera che pende dalla parte posteriore e ricominciano.
Ayn ride improvvisamente, Hayun le chiede perché. Ayn agita la lamiera per aria e dice: “Ad Apollo piacevano molto le parti posteriori ed ecco che gli scaviamo la fossa con la lamiera posteriore di una macchina”.
Finiscono di scavare poco prima dell’alba. Ayn bacia Apollo sulla bocca per l’ultima volta, poi lo posano nella fossa. Ayn ricorda l’organo di plastica che Apollo non abbandonava mai. Torna alla macchina e lo tira fuori dalla sua borsa. Lo mette tra le gambe di Apollo e, dopo essersi assicurata che è tutto a posto, dice “Ora interriamolo”.
Riempiono la fossa di terra. Hayun contrassegna il luogo col nome di Apollo in coreano ai piedi della montagna dei morti. Poi estraggono i loro oggetti a fatica da ciò che restava della macchina e si incamminano come spettri erranti verso la fermata dell’autobus.
E Ali verrà, e andrà.
Verrà e andrà.
E tutte le volte gli chiederò
Fino a quando continuerà a stare in questa terra di mezzo
Fino a quando resterà al confine
Tra il qui e il lì
E tutte le volte lui volgerà la faccia da un’altra parte
Né qui né lì
E dirà, noi non ci vedremo
Allora scuoterò la testa in segno di dissenso e dirò, non sparire
E tutte le volte mi chiederò quando tornerà da me per davvero
E aspetterò.

Finchè non torna
Sinceramente
E raggiunge l’utero che ha smesso di raggiungere da tanto tempo
Lascia andare il desiderio di anni
Si moltiplicano le lacrime di una gioia libera dal dolore
Tremo come l’anima che si unisce allo Spirito Santo
Aumentano miei gemiti, i miei singhiozzi
Mi racchiude dentro di lui / dentro di me
E gli cedo l’anima soddisfatta.

Poi va.
È veramente tornato?
È tornato qui o lì?
Scopro che il qui è illusione e il lì è realtà

Ma lui torna.
Qui. Da me.

Mi abbandono a lui
E mi affida al suo spirito
Raggiunge l’utero dal principio
Libera il desiderio suo malgrado
Libera il dolore chiuso dentro di me
Il dolore storico che mi porto da tempi passati
Tremo come l’anima che si unisce allo Spirito Santo
Ali verrà, e andrà
E tutte le volte gli dirò
È qui che voglio essere
Tra le tue braccia
Tutta la vita, e ancora.

Ali verrà, e andrà
E tutte le volte gli dirò
“Potrei morire ora
Soddisfatta
Di aver vissuto col tuo amore
Senza compromettere la tua unicità.”

Poi…
Giunge la notizia nel sonno
Mentre lei dorme tra le sue braccia
Persone arrivano da posti diversi
Chiedono della sposa del profeta
Altre persone indicano da lontano

Veglia ancora i pascoli nel deserto
Superano la timidezza
Lei alza lo sguardo
Legge la notizia sui loro volti sconcertati
Prima che la annunci uno di loro
Il profeta è morto.

Si risveglia dal sonno, sente le braccia che hanno iniziato a raffreddarsi
La notizia le rimbomba nelle orecchie
Il profeta è morto.

Non si getta polvere tra i capelli
Non si straccia le vesti e non si picchia sul petto.
Si toglie di dosso le braccia ormai completamente fredde,
si alza
e decide di cominciare da capo.

Una donna vive nei pressi della tomba del marito
Veste un tela bianca e attende il sorgere del sole
Sparge violette al mattino
E chiede a Dio alla sera
Il tempo non ha ancora avuto pietà?
Non ha ancora avuto pietà
Il tempo lungo
Lungo, lungo
E in una notte di luna piena
Si illumina la tomba
Al suono di un nome l’uomo esce
Giovane come non era mai stato
La prende per mano
Si illumina il suo voltò e sorride
giovane come non era mai stata.

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